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Quando gli archivi degli scrittori si fanno digitali

Per citare questo articolo: Marco Sartor, "Quando gli archivi degli scrittori si fanno digitali", in Informatica Umanistica e Cultura Digitale: il blog dell' AIUCD. (blog accademico), 12 Luglio 2023, https://infouma.hypotheses.org/2029.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato sul blog dell'Associazione per l'Informatica Umanistica e la Cultura Digitale (AIUCD) in data 12/07/2023, dove è consultabile all'indirizzo: https://infouma.hypotheses.org/2029.

L’articolo di Marco Sartor tratteggia una panoramica sugli archivi letterari nativi digitali introducendo il concetto di “digitale d’autore” (Emmanuela Carbé), tracciando un sommario stato dell’arte e abbozzando le principali sfide in atto.

Il digitale d’autore

Sarà capitato a molti, visitando una mostra, di fermarsi ad ammirare per qualche secondo un prezioso codice miniato della Divina Commedia oppure un foglio autografo di Alessandro Manzoni recante una qualche redazione dei Promessi sposi. Per i maggiori scrittori della nostra epoca non sarà più così. L’avvento delle nuove tecnologie ha rivoluzionato i processi di scrittura e per questo dovremmo abituarci a vedere, accanto a bozze a stampa con correzioni autografe, anche documenti in formato digitale, magari con qualche enfasi sulle principali correzioni apportate dall’autore in fase di stesura. Più in generale, un’entità che è destinata ad acquisire un’importanza sempre più notevole negli ambiti archivistico e letterario è quella dell’archivio born digital di uno scrittore, che Emmanuela Carbé propone di tradurre in italiano con “digitale d’autore”. Se nel secolo precedente erano molti gli “scrittori-macchinisti” – si pensi ad Alberto Arbasino, Guido Ceronetti e Sebastiano Vassalli – l’impiego del computer per finalità scrittorie è diventato imprescindibile per la quasi totalità dei letterati attivi all’alba del nuovo millennio: da ciò la presenza di un cospicuo numero di born-digital (literary) archives che reclamano di essere conservati in istituzioni accreditate per venir meno alla scure dell’obsolescenza tecnologica e permettere l’interrogazione e lo studio da parte dei ricercatori interessati.

“Old wine in new bottles?”

Nell’epoca duemillesca il manoscritto vergato su supporto cartaceo è sostituito da una sequenza di bit e la ricerca di codici nelle biblioteche si affianca a quella di file non ancora conosciuti nell’hard disk di uno scrittore conferito ad un’istituzione. Se queste trasformazioni testimoniano il cambio di paradigma, sarebbe assai riduttivo pensare che il carattere innovativo risieda esclusivamente nel mutamento del mezzo. Il passaggio da un medium all’altro, infatti, non si risolve in un reimpiego passivo dei meccanismi propri del precedente ma, al contrario, esercita un’influenza determinante nelle stesse dinamiche di produzione letteraria. In un intervento apparso nel 1996 sulla rivista «Telèma» (Forse saranno diversi anche i romanzi e le poesie), Valerio Magrelli evidenzia come «il ritorno al gesto disinvolto e crudele con cui la nostra mano può sopprimere intere frasi o pagine in maniera istantanea» – di contro alla fissità del testo battuto a macchina – poteva indurre significativi mutamenti sul modo di scrivere e, conseguentemente, anche sul versante della filologia d’autore, cioè dello studio delle varianti introdotte dell’autore stesso (al proposito vd. Paola Italia e Giulia Raboni, Che cos’è la filologia d’autore, Roma, Carocci, 2010). Così stando le cose, appaiono particolarmente condivisibili le considerazioni di Matthew Kirschenbaum, secondo il quale:

... uno scrittore che lavora oggigiorno non sarà e non potrà essere studiato in futuro nello stesso modo degli scrittori del passato, in quanto le prove materiali di base della propria attività autoriale – manoscritti e bozze, note di lavoro, corrispondenza, diari – stanno sempre più migrando, come tutta la produzione testuale, verso la dimensione elettronica.

Matthew G. Kirschenbaum

The .txtual Condition: Digital Humanities, Born-Digital Archives, and the Future Literary, in «Digital Humanities Quarterly», 7, 1, 2013, http://www.digitalhumanities.org/dhq/vol/7/1/000151/000151.html.

Stato dell’arte

Allo stesso modo un archivio letterario nativo digitale non può essere trattato come una variante del corrispondente cartaceo in quanto, pur condividendo con esso alcuni elementi, è statutivamente altro: la sua gestione, infatti, pone sul tappeto una mole di questioni solo in parte condivisa con quelli tradizionali. Di qui lo schiudersi di un nuovo campo di studi, i cui fondamenti sono stati appena posti e gli sviluppi tutti da definire. Matthew Kirschenbaum, autore di Track Changes, è uno dei pionieri in questo settore: a lui si deve l’introduzione del concetto di .txtual condition e la costituzione, Matthew G. Kirschenbaum, Track changes. A Literary History of Word Processingtra il 2009 e il 2010, delle prime reti di istituzioni per la gestione di archivi born digital. Un ruolo altrettanto fondamentale è costituito dal progetto Demystifying Born Digital dell’Online Computer Library Center (OCLC), i cui white papers hanno permesso discussioni di ampio respiro sulla materia. Ciò avviene anche nello Special Issue on Born-Digital Archives dell’International Journal of Digital Humanities curato da Thorsten Ries e Gábor Palkó. In Italia, la maggiore studiosa è Emmanuela Carbé. Diverse pagine del suo studio Digitale d’autore. Macchine, archivi, letterature (Firenze-Siena, Firenze University Press-USiena Press, 2022) sono dedicate all’esperienza del progetto Pavia Archivi Digitali (PAD), che al momento è la realtà più promettente in ambito nazionale, accogliendo i conferimenti di autori come Beppe Severgnini, Gianrico Carofiglio, Silvia Avallone, Francesco Pecoraro.

Sfide in atto e prospettive future

Emmanuela Carbé, Digitale d'autore. Macchine, archivi, letteratureLa monografia di Carbé si pone come un imprescindibile punto di partenza per ogni discussione futura sul digitale d’autore perché non si limita a tracciare lo stato dell’arte, ma condensa molteplici riflessioni sulle problematiche riscontrate nelle principali sperimentazioni in atto e sulle possibili prospettive future. Una prima domanda investe le entità degne di essere preservate: cosa salvare? La selezione non riguarda solo la scelta degli autori da parte dell’istituzione (in base a quali criteri è possibile selezionarli?), ma anche la cernita che questi compiono all’atto del conferimento, trasmettendo una parte del loro archivio ed escludendone un’altra. Vi è poi il nodo della consultabilità: alcuni file possono contenere informazioni sensibili (magari per un determinato arco temporale) e vanno resi privati, altri possono essere stati conferiti per sbaglio e devono quindi essere soppressi (come pure per l’accidentale invio di malware). Ma in che modo stabilire la consultabilità di singoli file in archivi che comprendono decine di migliaia di elementi? Scandagliare l’archivio è fondamentale per comprenderne la struttura e definirne il contenuto, ma un approccio unicamente tradizionale (cioè manuale) non è sufficiente neppure per stabilire la presenza di eventuali file duplicati o identificare con facilità più redazioni di una stessa opera. In questo senso, l’impiego di tecniche di elaborazione del linguaggio naturale (NLP) e dell’intelligenza artificiale (IA) dovrebbe permettere una ricognizione più accurata. D’altra parte, occorre prestare attenzione anche agli abbagli: le date di creazione dei file potrebbero non essere attendibili se l’autore era solito creare documenti cumulativi che integravano testi scritti in precedenza; in alcuni trasferimenti di file la data della loro creazione può venire a coincidere con quella dello spostamento, e così via.

Queste sono solo alcune delle principali questioni che riguardano il digitale d’autore, un campo di studi ancora parzialmente inesplorato anche perché posto all’intersezione di più ambiti (informatico, archivistico e giuridico). Se la strada da percorrere è ancora molta e la meta lontana, il prossimo passo è chiaro: definire all’interno della comunità scientifica alcune buone pratiche e favorire l’adozione di standard per garantire una corretta preservazione degli archivi letterari born digital (soprattutto a fronte dell’obsolescenza tecnologica dei formati proprietari) e un’efficace interrogazione anche in un’ottica interoperabile.

Registrazione del seminario “Old Issues and New Perspectives for Born-Digital Literary Archives” di Emmanuela Carbé, organizzato dal Venice Centre for Digital and Public Humanities (VeDPH) e svoltosi a Venezia e online il 19 aprile 2023

Riferimenti

Marco Sartor
Marco Sartor
https://marcosartor.org/
Dottore di ricerca in Scienze filologico-letterarie, storico-filosofiche e artistiche all'Università di Parma.

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